In occasione dei vent’anni dall’istituzione del corso di Laurea in Ottica e Optometria presso l'Università degli Studi di Padova, il congresso si pone l'obbiettivo di fare il punto della situazione del corso di laurea a livello locale e nazionale e discutere possibili scenari futuri. L'evento sarà l’occasione per riunire studenti, docenti, professionisti e associazioni del settore, ripercorrere i 20 anni di attività del corso e discutere di prospettive professionali, formazione e ricerca.
La partecipazione all'evento è gratuita, previa registrazione. A causa della capienza della sala, il numero dei partecipanti sarà limitato.
SEDE DELL'EVENTO:
11 novembre mattina: Aula Rostagni del Dipartimento di Fisica e Astronomia, ingresso da via Paolotti n. 9
11 novembre pomeriggio e 12 novembre: aula 7 - edificio B del Dipartimento di Scienze del Farmaco - ingresso da via Marzolo n.3A
COMITATO ORGANIZZATORE
Giovanna Montagnoli, Renzo Colombo, Marino Formenti, Gianluca Ruffato, Dominga Ortolan, Mirko Chinellato, Luca Battaglini, Pietro Gheller, Anto Rossetti
SEGRETERIA
Silvana Schiavo, Paola Zenere
Il ruolo determinante della lunghezza assiale dell'occhio nell'ametropia è stato stabilito nella ricerca optometrica negli ultimi decenni. In questo contributo, riportiamo un comportamento non lineare statisticamente significativo dell'ametropia rispetto alla lunghezza assiale. Dai valori medi di un ampio campione osservativo emerge una transizione simile a una soglia da emmetropia ad ametropia
La lattoferrina (Lf), una proteina multifunzionale presente in abbondanza nelle lacrime, è fondamentale per la salute oculare grazie alle sue funzioni antimicrobiche, immunoregolatrici, antinfiammatorie e antiossidanti. Ad esempio, il nostro gruppo ha riportato un effetto protettivo sulle cellule corneali contro lo stress ossidativo in due esperimenti in vitro utilizzando lenti a contatto (LC) con Lf. In un caso, lo stress ossidativo è stato indotto dalle lacrime di soggetti con cheratocono.
Negli ultimi decenni, sono state impiegate varie tecniche per misurare la concentrazione di Lf nelle lacrime, ma un'analisi completa su singola lacrima è rimasta una sfida. Di recente, abbiamo introdotto un protocollo analitico utilizzando la proteomica shotgun a ultra-alta risoluzione, ottenendo l'identificazione ad alta affidabilità di 890 proteine, inclusa la Lf, da campioni di singole lacrime. Il nostro studio esplora ulteriormente le proprietà funzionali della Lf utilizzando un metodo rapido di fluorescenza indotta dal terbio per analizzare selettivamente i livelli di Apo-Lf e il suo stato funzionale direttamente nelle lacrime. In uno studio di prova sul potenziale impatto dell'uso di LC, questo metodo ha rivelato alterazioni significative nelle proprietà di legame della Lf durante l'uso di LC in Etafilcon A, suggerendo cambiamenti strutturali nella Lf che potrebbero compromettere le sue attività antimicrobiche e antinfiammatorie, così come la sua efficacia come scavenger di radicali liberi.
Monitorare i livelli e la funzione della Lf potrebbe costituire uno strumento cruciale per valutare l'impatto dell'uso delle LC, facilitare la diagnosi precoce di malattie e guidare lo sviluppo di sistemi di rilascio.
La percezione del colore è una abilità fondamentale della visione che facilita la rapida separazione e categorizzazione degli oggetti nell'ambiente. Essa dipende sia dall'analisi spettrale di basso livello della luce riflessa da un oggetto, sia dall'interpretazione di alto livello dell'output retinico. Sebbene, all'interno della popolazione tricromatica, le differenze interindividuali nella percezione del colore possano essere considerate trascurabili, vi sono indicazioni che queste differenze possano essere piuttosto significative quando si considera l'apparenza del colore.
Nello studio attuale, abbiamo messo in luce tale variabilità utilizzando una serie di metodi che si avvalgono di segnali cromatici illusori e/o ambigui. Abbiamo sviluppato una serie di esperimenti in cui i partecipanti completavano compiti di corrispondenza del colore di stimoli colorati reali e illusori.
I nostri risultati evidenziano una variabilità notevole e inaspettata nell'apparenza del colore, suggerendo che la percezione del colore sia meno universalmente condivisa di quanto si pensasse. Inoltre, i nostri dati offrono spunti interessanti per il potenziale utilizzo delle illusioni cromatiche nella valutazione delle differenze interindividuali nell'elaborazione del colore.
Le immagini ibride si ottengono con la sovrapposizione di due immagini, una in cui sono presenti solo le frequenze spaziali basse e una in cui sono presenti solo le frequenze spaziali alte. Questo permette di vedere una sola delle due immagini a seconda della distanza da cui avviene l'osservazione. Queste immagini sono state utilizzate come test per l'acuità visiva con buoni risultati dal punto di vista della specificità e sensibilità del test.
I disturbi della superficie oculare rappresentano sfide significative nei trial clinici a causa della complessità nella valutazione dell'efficacia del trattamento e della progressione delle condizioni oculari di superficie. L'utilizzo di strumenti di imaging avanzati nei trial clinici randomizzati interventistici presenta una promettente opportunità per migliorare la nostra comprensione e valutazione di queste condizioni.
Questo abstract raccoglie gli ultimi cinque anni di ricerca come Clinical Post-Doctoral Fellow e come Specialist Optometrist, con l'obiettivo di presentare l'applicabilità clinica di modalità di imaging innovative, tra cui la microscopia confocale in-vivo, l'OCT del segmento anteriore (AS-OCT) e l’Ocular Surface Analyzer (OSA), nel contesto dei trial interventistici per le condizioni della superficie oculare. Inoltre, è fondamentale considerare le misure dei Patient Reported Outcomes (PROMs) per valorizzare il punto di vista del paziente.
Metodi: Questa overview si concentra sulla presentazione delle modalità di imaging avanzate e della loro applicazione alle condizioni della superficie oculare, basandosi su cinque anni di esperienza clinica e di ricerca. Utilizzando esempi di casi clinici, verranno illustrate le capacità e le funzionalità di questi strumenti di imaging quando vengono considerati nuovi trattamenti per le condizioni della superficie oculare.
• La microscopia confocale in-vivo è utilizzata per catturare immagini ad alta risoluzione degli strati della superficie oculare, dimostrando il suo potenziale per l'imaging a livello cellulare e per visualizzare i cambiamenti associate a queste condizioni.
• AS-OCT fornisce immagini dettagliate in sezione trasversale del segmento anteriore e permette di monitorare gli effetti dei trattamenti, evidenziando il suo ruolo nella valutazione dei cambiamenti strutturali e di progressione.
• OSA simula e analizza le dinamiche del film lacrimale, contribuendo a una valutazione completa e a una migliore comprensione della salute della superficie oculare.
• PROMs sono integrati per ottenere una visione completa dell'esperienza del paziente, assicurando che il punto di vista del paziente sia considerato nelle valutazioni cliniche.
Conclusione: Questa overview mette in evidenza le capacità degli strumenti di imaging avanzati, come la microscopia confocale in-vivo, l'AS-OCT e l'OSA, nel contesto delle condizioni della superficie oculare. Gli esempi trattati dimostrano il potenziale di queste tecnologie nel migliorare le capacità diagnostiche e la comprensione delle condizioni della superficie oculare, offrendo uno sguardo sul loro potenziale applicativo nei futuri contesti clinici per migliorare la qualità di vita dei pazienti. L'integrazione delle PROMs sottolinea l'importanza di considerare il punto di vista del paziente, contribuendo a un approccio più completo e centrato sul paziente. Questa sintesi si basa su cinque anni di ricerca e pratica clinica, evidenziando l'evoluzione e l'implementazione di queste tecnologie avanzate nel trattamento delle condizioni della superficie oculare.
Il controllo dell’equilibrio nell’uomo è garantito da un complesso network di informazioni sensoriali afferenti ed efferenti, elaborate istante per istante dal SNS. L’input visivo, quello propriocettivo e quello posturale si integrano con altri sistemi, in modo che il soggetto abbia sempre chiara la propria posizione nel mutevole ambiente circostante e viceversa, consentendo movimenti volontari e riflessi involontari adattivi. Il mediatore tra i vari apparati in questo complesso network di informazioni tra periferia e SNC è l’apparato vestibolare. Questo è a sua volta direttamente correlato alle informazioni visive, che possono persino modulare le afferenze vestibolari stesse, attivando le aree corticali associative, quelle del sistema limbico-striatale e dell’ippocampo. L’occhio è un centro di arrivo e partenza di informazioni sensoriali che il clinico può utilizzare a scopo diagnostico e riabilitativo. Lo studio anatomo-fisiologico e della motilità dell’occhio, l’analisi dei suoi riflessi intrinseci ed estrinseci, possono dunque essere influenzati da disordini del SNC, vestibolopatie e disturbi posturali, influenzando il controllo statico e dinamico dell’equilibrio, persino in persone non vedenti. Con cenni di anatomo-fisiologia dei movimenti oculari e di clinica visuo-vestibolare e posturale, si da un idea pratica per comprendere il giusto collegamento e funzionamento tra i vari sistemi.
La percezione della polarizzazione è un’abilità ampiamente diffusa nel regno animale dove è utilizzata da diverse specie per le finalità più disparate, quali orientamento, caccia o bioriconoscimento. Contrariamente ad artropodi e cefalopodi, il sistema visivo dei mammiferi, uomo incluso, sembra essersi sviluppato essenzialmente sulla percezione di intensità luminosa e colori. In realtà, in presenza di luce bianca polarizzata, è possibile notare la formazione di un tenue papillon giallo attorno al punto di fissazione, orientato perpendicolarmente al piano di polarizzazione della luce, e che diviene scuro in presenza di luce blu. Le cosiddette spazzole di Haidinger sono un fenomeno di natura entoptica che si origina dall’azione di filtro da parte della particolare distribuzione spaziale dei pigmenti maculari, disposti a creare una sorta di polarizzatore radiale per la luce blu. Sebbene la sua percezione non abiliti nuove capacità visive, data la debolezza del fenomeno, essa può tuttavia fornire informazioni indirette sulla condizione dei pigmenti maculari e suggerire quindi un metodo di screening rapido, economico e non invasivo per individuare stadi precoci di maculopatia prima che i sintomi si manifestino. In questo contributo, oltre a ripercorrere la storia e l’eziologia delle spazzole di Haidinger, verranno presentati i risultati degli studi condotti presso l’Università di Padova, finalizzati ad ottenere una stima dei valori di norma della sensibilità dell’occhio umano in individui sani ed esplorare il ruolo di parametri chiave come il grado di polarizzazione, la struttura spaziale della luce, e l’adattamento neurale.
L'emianopsia omonima è una condizione caratterizzata dalla perdita della visione nella stessa metà del campo visivo di entrambi gli occhi, derivante da una lesione post-chiasmatica, spesso localizzata nella corteccia occipitale. Questo deficit visivo comporta difficoltà significative nelle attività quotidiane, come guardare video, rispetto ai soggetti con visione normale. Nel corso degli anni, vari autori hanno proposto approcci terapeutici basati sull’apprendimento percettivo volti a ridurre le dimensioni dello scotoma. Nel mio intervento presenterò una sintesi delle strategie di intervento basate sull’apprendimento percettivo proposte in letteratura, analizzandone punti di forza e debolezza. Inoltre, discuterò nuovi dati sperimentali promettenti raccolti presso l'unità operativa NeuroVis.U.S. dell’Università degli Studi di Padova. Questi risultati sfidano la concezione tradizionale dell'emianopsia come condizione totalmente irreversibile, suggerendo potenziali approcci terapeutici, seppur con alcuni limiti, per migliorare la visione dei pazienti
Come osservato dalla TFOS, il discomfort associato alle lenti a contatto (CLD) è un problema che coinvolge fino al 50% dei portatori. Nonostante ciò, non c’è sufficiente consenso sulla sua eziologia, sulla classificazione e sui criteri di diagnosi e di trattamento. Vari studi hanno evidenziato come i portatori sintomatici possano presentare un ampio range di segni clinici, ma nessuno di questi pare in grado, più di altri, di individuare e differenziare la problematica. In un contesto così complesso cercheremo di trovare quei punti fermi che possono guidare la nostra pratica clinica: è possibile distinguere e indagare le diverse forme di discomfort? Possiamo fare qualcosa, in quanto optometristi, per ridurne l’incidenza?
Le lenti oftalmiche prismatiche sono utilizzate dal XX secolo per gestire alcuni casi di ipovisione. Negli ultimissimi anni, l'evoluzione della tecnologia ha permesso di produrre lenti a contatto morbide, RGP e sclerali con un potere prismatico direzionale associato, che si dimostrano sempre più precise e ben tollerate. Le lenti a contatto prismatiche possono essere utilizzate nella gestione dei deficit del campo visivo per migliorare la percezione visiva e la qualità della vita dei pazienti. Deviando la luce verso parti della retina con residuo visivo, migliorano la percezione periferica o centrale che è stata compromessa dalla patologia. Possono quindi aumentare la consapevolezza spaziale e la percezione dell'ambiente circostante, riducendo il rischio di incidenti e migliorando la capacità di muoversi in sicurezza. Le lenti a contatto, rispetto agli occhiali, offrono un campo visivo più ampio e senza ostruzioni, senza distorsioni causate dai bordi delle lenti. Inoltre, possono essere più confortevoli e meno visibili, apportando un vantaggio estetico e pratico. Un ulteriore e importante vantaggio è la riduzione delle aberrazioni ottiche date dalla lente oftalmica prismatica (ab. cromatica, geometrica, divergenza del raggio, variazione dell'ingrandimento) che possono influire sulla qualità dell'immagine e sulle possibilità di utilizzo del dispositivo in spazialità. Le lenti a contatto prismatiche possono essere utilizzate in combinazione con altri ausili visivi, come occhiali con lenti telescopiche, per migliorare ulteriormente la visione. In conclusione, le lenti a contatto prismatiche rappresentano una soluzione innovativa per la gestione dei deficit del campo visivo, offrendo ai pazienti un'opzione per migliorare la loro visione e qualità della vita. Tuttavia, l'efficacia e l'adattabilità variano da persona a persona, rendendo necessaria una valutazione e una personalizzazione approfondite da parte di un professionista della visione.
In genere l’utilizzo delle lenti a contatto è quasi sempre pensato come ausilio ottico per la correzione dei semplici difetti visivi: miopia, ipermetropia o astigmatismo. Da molto tempo però, questi piccoli dispositivi ben si prestano per affrontare in maniera egregia condizioni di ipovisione. Non solo la lente a contatto permette di aumentare del tutto il campo visivo utile rispetto all’occhiale, ma può essere applicata con particolari colori fotoselettivi (come i filtri medicali) oppure diventare parte di un piccolo cannocchiale galileiano che permette di raggiungere piccoli ma significativi ingrandimenti utili alla persona ipovedente per ritrovare la sua autonomia nella vita quotidiana.
Sostituti lacrimali indicano tra le loro controindicazioni una riduzione della qualità visiva per cui sono sconsigliate la guida e attività lavorative nei minuti successivi all’instillazione. Questo studio si prefigge di valutare l’impatto visivo causato da una variazione della porzione mucinica del film lacrimale, in seguito all’instillazione di sostituti lacrimali a diversa concentrazione, attraverso la misura della sensibilità al contrasto.
La relazione illustrerà i temi inerenti alle lenti a contatto attorno a cui sono state sviluppate tesi di laurea e pubblicazioni nazionali e internazionali dal Corso di Laurea in Ottica e Optomeria dell’Università degli Studi di Torino. Dal 2012, in contattologia, sono state seguite circa 120 tesi di laurea e sono state pubblicati 22 lavori scientifici internazionali e circa 50 nazionali. Le diverse linee di ricerca che sono state affrontate confermano la complessità della contattologia, che spazia dalla semeiotica all’analisi della visione binoculare.
È opinione diffusa che nel 1508 Leonardo da Vinci sia stato il primo a descrivere un sistema per correggere i difetti di rifrazione usando un dispositivo pieno di acqua a contatto con l'occhio: il precursore delle lenti a contatto. Essendo io toscano e avendo studiato ottica e optometria a Vinci, dove ho imparato la scienza delle lenti a contatto, mi piacerebbe fosse vero, ma, purtroppo, le cose non stanno proprio così. L’equivoco dell’attribuzione a Leonardo di questa straordinaria invenzione, che doveva aspettare altri tre secoli, è relativamente recente e nasce dall’interpretazione sbagliata da parte di Hofstetter e Graham (1953) di uno schizzo di Leonardo che sembra proprio una lente a contatto: una semisfera di vetro riempita di acqua con una persona che ci immerge la testa. Da allora, diversi autori hanno contribuito a diffondere questa opinione, purtroppo senza verificare le fonti. In realtà, negli appunti del codice D, Leonardo non stava studiando la funzione ottica della cornea e non conosceva la rifrazione, ma cercava di capire se c’era qualche riflessione che raddrizzasse le immagini all’interno dell’occhio. Aveva capito che l’occhio si comportava come una camera oscura e, in quanto tale, produceva delle immagini capovolte del mondo esterno, quindi, secondo lui, ci doveva essere qualcosa all’interno dell’occhio stesso che le raddrizzasse per riflessione. Quel disegno rappresenta uno specchio. Aveva pensato a tre versioni di specchi curvi per fare la prova sperimentale del raddrizzamento dell'immagine, tutti e tre disegnati nello stesso foglio. Altri autori hanno già descritto lo sbaglio d’interpretazione, ma la propagazione dell’errore sta continuando ancora oggi. Durante la nostra relazione presenteremo e analizzeremo le parti in questione del codice originale di Leonardo, di cui possediamo una copia anastatica.
L'Università di Padova propone da quasi dieci anni il corso di alta formazione in Contattologia e, a partire dello scorso anno, il corso di alta formazione in Progressione Miopica. Attraverso una offerta formativa trasversale e costantemente aggiornata, questi corsi offrono una valida opportunità di approfondimento e formazione per laureati in ottica e optometria e professionisti del settore. In questo intervento i responsabili scientifici dei corsi illustreranno le caratteristiche dei corsi e il loro andamento negli anni.
Il programma "Opening Eyes" è un'iniziativa di Special Olympics Lions Clubs International che offre valutazioni complete della vista. Questo programma coinvolge optometristi, ottici e oculisti volontari che effettuano screening visivi per identificare e correggere problemi di vista, migliorando così la qualità della vita degli atleti con disabilità intellettiva. Il programma non solo aiuta nella prevenzione di malattie oculari, ma fornisce anche correzioni visive se necessarie, contribuendo a migliorare le performance sportive e la vita quotidiana degli atleti. Vi presenteremo parte del protocollo sottolineando la collaborazione dei direttori clinici italiani al progetto internazionale.
Gli smart eyewear rappresentano la piattaforma tecnologica del futuro per quanto riguarda l’unione tra tecnologia indossabile e salute visiva. Questi dispositivi posso integrare funzionalità avanzate, come sensori biometrici, monitoraggio della vista, realtà aumentata (AR) e connettività, offrendo nuove opportunità nel settore del vision care e nel benessere generale. Oltre a migliorare la qualità della visione con correzioni personalizzate, gli smart eyewear possono monitorare parametri vitali (frequenza cardiaca, livello di stress) e promuovere comportamenti salutari tramite notifiche e feedback in tempo reale.
In ambito clinico, consentono il telemonitoraggio e l’interazione a distanza con specialisti, facilitando la gestione di malattie oculari (come il glaucoma e la retinopatia diabetica). Inoltre, l'integrazione con app di salute e dispositivi IoT rende queste piattaforme particolarmente efficaci per la prevenzione e il miglioramento della qualità della vita dei pazienti.
La teleoptometria si occupa della qualità visiva e permette di fornire assistenza optometrica anche quando operatore e paziente non si possono incontrare di persona. Permette di raccogliere informazioni, fornire rassicurazioni, consigli e trattamenti a distanza su questioni non urgenti e di individuare le persone che invece hanno effettiva necessità di un esame di persona. Essa comprende lo sviluppo di tecniche che sfruttano la tecnologia digitale, come ad esempio il monitoraggio tramite app o dispositivi indossabili, le valutazioni attraverso videoconsultazioni, oppure l’utilizzo di questionari psicometrici online validati. Analizzando la letteratura scientifica, si osserva un primo interesse nei confronti della teleoptometria intorno all’anno 2000, ma si evidenzia una crescita di interesse soprattutto negli ultimi anni, trainata prima dall’emergenza pandemica e ora dallo sviluppo del mercato online di lenti a contatto e occhiali da vista. Poiché la teleoptometria è un settore con notevoli opportunità di sviluppo, può essere opportuno andare a studiare le sue modalità di applicazione e trovare soluzioni per migliorare e risolvere le varie limitazioni esistenti.
L’intelligenza artificiale sta cambiando il modo in cui si sviluppa la ricerca clinica. Nel campo dell’optometria e dell’oftalmologia, ci sono già molti strumenti che fanno affidamento su modelli di AI per svolgere procedure come la refrazione, la gestione della miopia, la diagnosi assistita di patologie del sistema visivo e la scelta terapeutica. Vengono illustrati i fondamenti delle tecniche di Machine Learning (ML) e Computer Vision (CV) applicate alla ricerca in optometria e oftalmologia. Inoltre, vengono proposti alcuni esempi concreti di applicazione di queste tecniche nella ricerca clinica e alcuni sviluppi futuri.
More than half of European workers use digital devices at work. Prolonged use of these devices causes ocular and vision-related problems known as computer vision syndrome (CVS). The prevalence of CVS among workers varies widely between studies due to the use of unvalidated and unstructured questionnaires. Among digital device workers, presbyopic individuals have special limitations due to their reduced accommodative capacity. This study aims to estimate the prevalence of CVS in presbyopic digital device workers using the validated questionnaire CVS-Q©, comparing two ophthalmic progressive lens designs during the working day, and to analyze the association of CVS with sociodemographic, occupational, digital device exposure and refractive factors.
La misurazione delle proprietà biomeccaniche della cornea si è sviluppata negli ultimi 20 anni, dall’arrivo sul mercato dell’Ocular Response Analyzer (ORA). Da allora altri strumenti che sfruttano tecnologie diverse (Scheimpflug camere, OCT o spettrometri) si sono diffuse e stanno diventando disponibili a livello clinico. Attualmente la diagnosi di cheratocono avviene attraverso topografia, pachimetria e l’osservazione di segni clinici, ma i cambiamenti causati dalla patologia, anche in stadi piuttosto iniziali, possono essere rilevati dagli strumenti che misurano le proprietà biomeccaniche della cornea. Lo scopo di questa relazione è mostrare la creazione di un modello di apprendimento automatico (machine learning) supervisionato in grado di differenziare occhi patologici da occhi normali, utilizzando i dati di biomeccanica corneale provenienti da due strumenti (ORA e Corneal Visualisation Scheimpflug Technology, Corvis ST). Diversi algoritmi di apprendimento automatico sono stati utilizzati (Naive Bayes, Regressione Logistica, Support Vector Machine, Reti Neurali, Decision Tree, Random Forest), i cui parametri sono stati ottimizzati utilizzando due diverse tecniche (GridSearch e RandomSearch). Gli algoritmi sono successivamente stati testati su un test set separato e l’algoritmo con il punteggio più alto (in termini di AUC, area sotto la curva ROC) è stato sottoposto alle due tecniche indicate per spiegare l’influenza dei dati sulla decisione finale relativa ai cambiamenti causati dal cheratocono.
Le disabilità visive (DV) comprendono un’ampia e variegata gamma di condizioni che vanno ben oltre la semplice perdita di acuità visiva: queste possono variare da una perdita della vista parziale, fino alla cecità totale. L’eziologia è estremamente diversificata e annovera molteplici cause, tra cui malattie, traumi, condizioni degenerative congenite o legate all’invecchiamento. Le disabilità visive possono manifestarsi come difficoltà nella messa a fuoco, nella percezione dei colori, nella visione periferica o centrale, o nella capacità di distinguere forme e dettagli. Queste condizioni possono avere un impatto significativo sulla qualità del quotidiano, nonchè sul benessere mentale delle persone affette. Garantire l’accessibilità di arte e cultura alle persone con DV risulta fondamentale, sia come diritto dell’individuo, che come fattore preventivo contro l’insorgenza di comorbidità, quali depressione e disturbi dell’ansia.
E’ stata condotta un’indagine conoscitiva mediante redazione di un questionario originale per la profilazione di caratteristiche, esigenze, preferenze, criticità dei potenziali visitatori con DV. Il questionario è stato validato tramite somministrazione agli studenti con DV, immatricolati per l’A.A. 2023-2024 presso l’Università degli Studi di Padova. Il questionario è composto da 6 macrosezioni distinte: profilazione demo-anagrafica, caratterizzazione della DV, tipologia museale preferita, accessibilità dei percorsi museali, accessibilità delle opere esposte, esperienze pregresse.
Hanno risposto al questionario 11 studenti (sesso: M 33%, F 67%; età: 21-30 89%, >50 11%; corso di studi: area umanistica 67%, scienze sociali 33%) con diverse tipologie di DV (cecità parziale/totale 44%, ipovisione 44%, glaucoma 11%). Hanno tutti manifestato interesse circa la possibilità di vistare diverse tipologie di musei (museo d’arte/archeologico 100%; museo scientifico/tecnologico 56%; giardino botanico 56%), con preferenza per affrontare il percorso di visita accompagnati (78%), piuttosto che in gruppo (22%) o da soli (0%). Le difficoltà esperite riguardano: struttura del percorso di visita e presenza di barriere, difficoltà nell’orientamento, rumore, presenza di altri visitatori. Emergono come ugualmente preferite le modalità di esplorazione del museo in completa autonomia (e.g. tramite app dello smartphone) o con accompagnamento del personale museale. E’ stato rilevato un forte interesse nei confronti di modellini tattili ed allestimenti che propongano una contestualizzazione multisensoriale dell’opera, unitamente ad un maggior impiego di audiodescrizioni dedicate. Poco diffuso (e conosciuto) l’impiego di immagini/repliche ad alto contrasto. Sul fronte delle didascalie, è emersa la frequente inesattezza di quelle in Braille e la poca accessibilità di quelle testuali (i.e. font e grandezza non idonei, troppo testo per visitatori con DV). Per quanto riguardi gli ambiti di miglioramento prioritari, relativi al percorso di visita, si individuano: allestimento spaziale dei percorsi (55%); illuminazione, accuratezza dei modellini tattili, informatività e funzionamento audioguide (33%); formazione del personale museale (33%); qualità delle didascalie (22%).
I risultati preliminari suggeriscono che l'integrazione di soluzioni espositive multisensoriali e tecnologiche potrebbe migliorare significativamente l'esperienza museale per le persone con DV, aumentando al contempo il livello di autonomia esplorativa. L’indagine, inoltre, suggerisce la necessità di formare adeguatamente il personale museale sul tema delle DV. Alla luce dei risultati di quest’indagine pilota, si conferma come l’approccio di co-progettazione resti strumento irrinunciabile per l’implementazione di percorsi museali accessibili, fruibili e arricchenti.
Optometria è un ambito secolare a base scientifica, interdisciplinare e che integra contributi di fisica/ottica, biologia/fisiologia, psicologia della percezione, tecnologie ottiche con propri specifici contributi. L’insieme mira a strategie ottico-visive per migliorare la funzione visiva nei casi di disturbi molto diffusi nella popolazione. La presentazione cerca di evidenziare modelli e contributi originali di optometria per disturbi visivi, esame refrattivo, misura dell’acuità, lenti a contatto, visione binoculare.